Rosa canina
Ordine: Rosales
Famiglia: Rosaceae
Descrizione: non si tratta di una specie in senso sistematico ma piuttosto di un complesso di ibridi dai caratteri non completamente fissati.
È una nano – fanerofita, ovvero una pianta legnosa con le gemme poste tra 0,2 – 2 m di altezza dal suolo.
I fusti sono alti 1 – 3 m, glabri, con grosse spine arcuate di colore rosso, ampiamente ramificati e con chioma di forma rotondeggiante.
Le foglie sono pennate con foglioline ovalo – lanceolate a margine seghettato, di colore verde brillante.
I fiori sono grandi 4 – 7 cm di diametro, a cinque petali rosei lievemente profumati, solitamente in gruppi da 2 – 3. La fioritura, come tutte le rose selvatiche e antiche, avviene una sola volta all’anno tra febbraio e aprile. I “frutti” sono dei cinorrodi, dei falsi frutti carnosi di colore rosso con polpa giallastra pelosa contenente dei piccoli acheni, dei frutti a guscio coriaceo con pareti poco aderenti al seme.
Ecologia e curiosità: il nome “rhódon” è di origine molto antica, attribuito a questo Genere dalla poetessa Greca Saffo (IV secolo a.c.), e significa “regina dei fiori”; l’epiteto “canina” è stato attribuito da Plinio poiché anticamente si credeva che le radici curassero gli effetti dei morsi dei cani rabbiosi.
Pianta molto robusta, cresce pressochè in qualsiasi ambiente: in foreste di querce caducifoglie, faggio o abete, in cespuglieti e prati abbandonati. In Riserva prospera sugli argini maggiormente estesi e stabilizzati, offrendo riparo e nutrimento a molti uccelli.
La rosa come Genere è nata più di quaranta milioni di anni fa, secondo la datazione di reperti fossili di questa pianta ritrovati nel Colorado e nell’Oregon. In antichità si credeva che l’origine della rosa fosse da attribuire al dio dell’ebrezza Bacco che, invaghitosi di una ninfa, la inseguì. Questa durante la fuga lei inciampò in un cespuglio e Bacco, come segno di riconoscenza, lo trasformò in rosa.
Le prime testimonianze della coltivazione risalgono ad almeno un millennio prima dell’Era Comune (d.c.), ed Erodoto narra che fosse coltivata da Persiani e Babilonesi. Anche i Romani ne erano appassionati, coltivandola negli appositi giardini, i “rosaria”, e importando ingenti quantità di fiori dall’Egitto.
Era utilizzata come pianta officinale in particolare i petali, i cinnorodi e le galle (proliferazione di tessuto causato da insetti o funghi), ricchi in tannino, acido citrico e vitamina C; dai cinorrodi si può ricavare una marmellata, mentre i petali possono essere utilizzati per aromatizzare profumi e distillati.